Tappa 7 – Misericordia: un canto che accorda le voci di Dio e dell’uomo

La Misericordia si è fatta carne. È forse il più bello e il più importante dei tratti del volto di Dio: Dio è “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34,6). Questo tratto del…

La Misericordia si è fatta carne. È forse il più bello e il più importante dei tratti del volto di Dio: Dio è “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34,6). Questo tratto del volto di Dio noi lo troviamo impresso nel volto di Gesù, il quale “si fece carne” (Gv 1,14), ha assunto un corpo, una voce, un volto riconoscibile dall’uomo perché si è fatto uomo. Gesù è la misericordia di Dio fatto persona: «il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, è venuto sulla terra per pagare il prezzo del riscatto dell’umanità caduta nel peccato; versando il suo sangue, dall’abisso della misericordia ci ha elevati al cielo, dalla schiavitù ci ha restituiti alla libertà e alla dignità di figli di Dio» (A. M. Cànopi, Beati i poveri…Beati, ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI), p. 81-82). Dal cielo Gesù è sceso e si è fatto uomo raggiungerci con l’intensità e la delicatezza di un amore materno, di un amore paterno e misericordioso profondamente coinvolgente, con un amore paziente, con un amore non provvisorio ma stabile e forte, con un amore che consola e sostiene il passo alle volte traballante del nostro cammino sulla terra, con un amore premuroso capace di trovare sempre nuove vie di uscita per condurci alla beatitudine, ala felicità. Un amore, quello di Gesù che desidera entrare in dialogo con l’uomo, che desidera diventare il «canto in cui la voce dell’uomo e la voce di Dio si fondono in un accordo di indescrivibile intensità e bellezza» (A. M. Cànopi, Beati i poveri…Beati, ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI), p. 85).

 

La tenerezza della misericordia. L’evangelista Matteo riporta nel suo Vangelo queste due espressioni: “Misericordia io voglio, non sacrificio” (Mt 12,7-8) e “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’aneto e del cumino e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà” (Mt 23,23).  Queste due espressioni mettono in luce la forza della tenerezza della misericordia e ci chiedono due impegni importanti. Il primo impegno è legato ad un cambiamento di mentalità, ad una conversione radicale dall’osservanza esteriore (da farisei ipocriti) che si fermano alle cose insignificanti, ad una osservanza del cuore, cioè non trasgredendo o tradendo l’amor ma vivendo di giustizia, di misericordia e di fedeltà nei confronti delle persone che incontriamo lungo il cammino della vita. Il secondo impegno è invece legato alla fedeltà: «fedele per sempre è l’amore di Dio, che non desiste mai dal fare i bene anche quando riceve il male» (A. M. Cànopi, Beati i poveri…Beati, ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI), p. 86). Certo vivere questi due impegni non è per niente facile: anzi alle volte sono proprio una sfida grande ad usare misericordia con chi nemmeno comprende che gliela stiamo donando, rimanendo nonostante il nostro dono d’amore e di perdono ribelle e ostile nei nostri confronti. Ma è proprio in questa conversione all’amore profondo e alla fedeltà per sempre alla misericordia che noi possiamo assomigliare almeno un po’ a Dio Padre che, con gratuità assoluta, con pazienza, con la speranza di vincere sulla durezza del cuore umano, crede fermamente di poter trasformare il male in bene, l’infelicità del’uomo cattivo in felicità, in beatitudine. È in questo modo che la nostra voce si può accordare con la voce di Dio per cantare verso chi ci ha offeso o non ci ha compreso il canto della tenerezza dell’amore e della misericordia del Padre, una tenerezza d’amore che può davvero far rinascere la gratitudine nel cuore di chi perdoniamo e renderlo a sua volta capace di amare e di perdonare. Così si potrà realizzare quello che scrive la monaca Anna Maria Cànopi: «Un tempo nuovo di apre. In Cristo la misericordia ci viene donata in modo tale da costituirci misericordiosi. Perciò non soltanto veniamo salvati, ma anche partecipiamo all’opera di salvezza» (A. M. Cànopi, Beati i poveri…Beati, ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI), p. 87). Che in modo ancora più semplice significa: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36). Ma che difficile vivere così! E poi: la giustizia verso noi stessi? Devo proprio sempre usare misericordia? Quando gli altri avranno misericordia verso di me? Su questo ne possiamo parlare un po’ nella “prossima puntata”.

 

Qualche domanda per la riflessione personale o di gruppo…

Alla misericordia ci si converte, perché il cammino dell’uomo è sempre un cammino di rinnovamento del cuore e della vita. Siamo disposti a cambiare nella nostra vita? Siamo disposti a cambiare quando sbagliamo e a chiedere scusa per le offese che arrechiamo agli altri? Quali sono le difficoltà che ci impediscono o ci rallentano nel cammino di conversione? Quali difficoltà invece di impediscono di chiedere scusa se sbagliamo con gli altri? C’è qualcosa di importante che in questo momento della mia vita vorrei cambiare in meglio? C’è qualche motivo per cui sarebbe opportuno che io chiedessi perdono?
La misericordia è fatta di parole e gesti concreti che ci chiedono, per amore, di andare oltre le ferite che ci hanno inferto gli altri o che ci chiedono di avere l’umiltà di chiedere perdono per le ferite inferte da noi stessi agli altri. Ecco alcune domande poste dal Card. Martini alla fine della sua riflessione sulla beatitudine della misericordia per chi è misericordioso ((C.M. Martini, Le beatitudini, ed. In dialogo, Milano 1990, p. 66).

Rispondo sempre con al medesima misura? A tono dolce in maniera dolce, a tono aspro in maniera aspra, a tono aggressivo con aggressività?

Ferisco talora gli altri non con la risposta ma con il silenzio? «Infatti, si può ferire con un silenzio gelido, che vale una risposta negativa e che denota in noi una carenza di misericordia».

Prego per chi mi fa del male? «Questo atteggiamento è presentato da Gesù come tipico della misericordia. Forse dobbiamo proprio cominciare dalla preghiera, perché pacifica il nostro cuore esacerbato, irritato, ferito e ci permette di entrare nel mistero della misericordia divina».

Sappiamo andare al di là di un primo gesto di misericordia, di attenzione, imitando la fedeltà di Dio ricco di misericordia?  «Quante volte, dopo aver compiuto un atto di generosità, nono sappiamo andare oltre!». Già: alle volte non ci è difficile fare un primo gesto di benevolenza, ma dopo questo iniziale approccio ci accorgiamo che è difficile accogliere la “diversità dell’altro”: ci aspettiamo qualcosa dall’altro e invece ci troviamo di fronte a reazioni impreviste, a mancanza di rispetto e di gratitudine. Allora ci scoraggiamo, ci pentiamo di aver voluto bene e di essere stati accoglienti, di aver messo in gioco un po’ del nostro amore e non vogliano più saperne. In queste situazioni dove la nostra misericordia viene messa alla prova è possibile fare nostra la preghiera “Lasciarsi guarire da Gesù”  che ci consiglia il Card. Martini:

“Signore, come siamo lontani dalla tua beatitudine evangelica!

Vogliamo contemplare il tuo cuore,  che solo può guarire la nostra durezza,

la nostra freddezza, le nostre chiusure.

Ti chiediamo di farci sperimentare dentro di noi la tua misericordia

per poter essere degni di questa beatitudine

e per poter proclamare la tua fedeltà di amore al mondo intero.

Amen!”

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